Wendy Pini, fumettista (femminista) indie
Wendy Pini è una delle donne e artiste di maggior rilievo sulla scena del fumetto indipendente americano.
Insieme al marito Richard, per quarant’anni è stata l’artefice della saga fantasy di “Elfquest”, che per gli appassionati di fumetti non ha nulla da invidiare al fenomeno di “Game of Thrones”.
Artista a tutto tondo, attivissima sui Social e impegnata politicamente, Wendy Pini è un esempio di femminismo moderno made in USA. Anzi, nel suo caso, self-made.
Perché Wendy ha costruito da sé una carriera che l’ha portata a essere artista a tutto tondo, autrice di largo respiro, cosplayer e opinionista della scena politica americana, che contesta con arguzia sui suoi canali Social. Una donna indipendente, sicura di sé e piena di grinta, che ha ancora tanto da dire (e raccontare).
I primi passi nel mondo della creatività
Un’artista a tutto tondo, dicevamo. E questo talento, questa passione, Wendy Pini l’ha coltivata fin dalla più tenera età.
L’artista è nata nel 1951 a San Francisco. Nella monografia “Line of Beauty”, dedicata all’artista da Flesk Publications, apprendiamo che già da bambina i suoi sogni erano rivolti all’arte e all’animazione.
Per inseguire un sogno e trasformarlo nell’obiettivo trainante di una vita intera occorre coraggio, determinazione e una spinta visionaria potente. E anche un pizzico di follia, come avrebbe detto Steve Jobs. Doti che alla giovane Wendy Pini, nata Wendy Fletcher, certo non sono mai mancate.
Ispirata da influenze internazionali (dal fumetto americano ai manga giapponesi, all’epoca poco conosciuti sulla scena internazionale), ha coltivato negli anni la passione che l’ha sempre animata. Già ai tempi del college il suo piano di studi era organizzato intorno a un sogno; trarre un film d’animazione dalla saga di Stormbringer di Michael Moorcock.
Le basi della sua futura carriera erano già tutte presenti, in potenza, nelle elaborate creazioni artistiche di quei primi anni. In seguito, i suoi lavori sono stati esposti in alcune delle più importanti convention statunitensi dedicate al fantasy e alla fantascienza.
Negli anni ’70 diventa illustratrice per delle riviste di fantascienza. Ma l’arte figurativa non è la sua unica passione; a questo periodo risalgono le sue esperienze come cosplayer di Red Sonja, l’iconico personaggio della Marvel.
Wendy Pini ed Elfquest, quarant’anni di fumetto
Nel 1978 Wendy (non più Fletcher – aveva sposato Richard Pini nel ’72) diventa imprenditrice di sé stessa. Un termine che siamo abituati a inserire in un contesto moderno, e che invece stava per sbarcare nel mondo del fumetto negli anni ’70.
Il mercato dei comic books americani era già dominato dalle major internazionali, ed era considerato perlopiù appannaggio di artisti uomini.
Wendy, insieme al marito Richard, decise di sfidare le convenzioni e fondò la Warp Graphics, la casa editrice indie che avrebbe pubblicato il lavoro più importante dei quarant’anni successivi; la saga di “Elfquest”.
Una saga fantasy complessa e articolata in cui Wendy ha trasposto non solo il suo cuore e la sua sensibilità di artista, ma anche i suoi ideali.
Dall’uguaglianza razziale (“Elfquest” fu uno dei primi fumetti con protagonisti dalla pelle scura, come l’elfa guaritrice Leetah, la saggia capotribù Savah o Rayek il cacciatore) a quella di genere, passando per la rivoluzione sessuale, i costumi e le ideologie di un’America in fervore.
E ancora; la spiritualità, i frequenti richiami grafici alla storia dell’arte, una fusione fra arti visive e storytelling di ampio respiro, una concezione della donna che si discosta dai tipici stereotipi del fumetto USA.
In “Elfquest”, oltre al classico tema della “hero quest”, il viaggio di formazione dell’eroe, c’è molto di più.
Il femminismo, la politica e il mondo di Wendy Pini
Ma la carriera di Wendy Pini non si esaurisce nelle graphic novel di straordinaria bellezza (come la sua versione di “Beauty and the Beast”) o nel successo di “Elfquest”, che a celebrato il suo quarantennale nel 2018.
La sua passione per l’arte si estende anche al teatro. Attualmente sta lavorando al musical distopico e omoerotico “Masque Of The Red Death”, dalle forti influenze gotiche e che si ispira alla novella di Edgar Allan Poe. Dal racconto di Poe, la Pini ha tratto sia una graphic novel sia il libretto del Musical, che vede fra i collaboratori anche Calvin Remsberg, alla regia, e Gregory Nabours alle musiche.
Con il suo femminismo raccontato per immagini, Wendy ha sfidato più volte le convenzioni di genere. Proprio perché, ai suoi occhi, essere donna significa potersi permettere di osare. Dove, talvolta, non osano nemmeno gli uomini.
I suoi lavori invocano a una totale libertà creativa, al rispetto dell’identità individuale più profonda, al riconoscimento dei diritti fondamentali. Quando questi diritti sono posti al centro della ricerca del bene comune, si sviluppano società pervase di luce e armonia. Viceversa, dove l’individualismo più becero offusca il raziocinio (come nel freddo mondo ipertecnoogico di “Masque of the Red Death”), l’umanità stessa è soffocata e degradata.
Questi ideali trovano riscontro anche nella vita di Wendy Pini come donna e cittadina degli Stati Uniti. La sua voce si è levata spesso contro l’amministrazione di Donald Trump. L’impegno politico è per Wendy una passione al pari di quella per l’arte, e la spinge a impegnarsi in prima persona, sulla sua seguitissima pagina Facebook.
Insomma una donna e artista estrosa, vivace e poliedrica, che ha saputo vivere la sua vita al massimo e inseguire i suoi sogni. A testa alta e senza paura.