Renata Viganò: una scrittrice nella resistenza
Renata Viganò è una delle tante donne che negli anni più bui è riuscita a far sentire la sua voce, a colpi di penna, attraverso le file della resistenza. Iniziò a scrivere prestissimo, ad appena 12 anni pubblicò la sua prima raccolta di poesie, a cui seguirono numerose pubblicazioni. Ma l’opera che la rese celebre fu “L’Agnese va a morire”, un romanzo neorealistico ispirato alla Resistenza, tra i più importanti dell’epoca, ispirato alla sua stessa esperienza come partigiana.
La vita di Renata Viganò
“Io non sono nata dal popolo. Non ho avuto perciò il grande insegnamento di un’infanzia dura, di genitori premuti da lavori faticosi, da privazioni quotidiane. Ma la mia estrazione borghese non impedì che fossi portata a preferire le persone del popolo alla vellutata, stagnante, bigotta simulazione della classe a cui appartenevo”.
Ed infatti, Renata Viganò nacque il 17 Giugno del 1900, da Eugenio e Amelia Brassi, una famiglia borghese che le consentì di vivere un’infanzia agiata e serena.
Le condizioni agiate le permisero di studiare e di coltivare, al contempo, la sua grande passione per la scrittura. Nel 1916 aveva già pubblicato due raccolte di poesie e tutto sembrava procedere nel migliore dei modi.
Ma la situazione precipitò, la ditta di famiglia fu costretta a dichiarare fallimento e Renata decise di abbandonare gli studi ed entrare nel mondo del lavoro.
“Piantai con un taglio netto ogni rapporto con i ranghi borghesi e andai a fare prima l’inserviente poi l’infermiera negli ospedali. Era il lavoro che mi piaceva perché avevo tanto desiderato gli studi in medicina, e anche se allora umiliato, mal retribuito e faticoso, non me ne sono mai pentita. Così ebbi il mio posto nella classe operaia”.
Passarono diversi anni, non smise mai di scrivere e di lavorare, ma nel frattempo la situazione in Italia degenerò. Si sposò e assieme al marito partecipò alla lotta partigiana. Scrisse nella stampa clandestina e raccontò la vita della resistenza.
Riuscì a ricevere dei premi prima della morte, ma non a vedere la sua opera più importante divenire un film. Renata Viganò morì il 23 Aprile 1976, nella stessa Bologna in cui era nata.
Le opere
A dodici anni Renata Viganò pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Ginestra in Fiore. Appena tre anni più tardi uscì la sua seconda raccolta, Piccola Fiamma.
Ma i grossi cambiamenti che accorsero nella sua vita successivamente si possono sentire ardenti nelle sue opere seguenti. Renata Viganò iniziò a raccontare la vita da partigiana in quella che divenne la sua opera più importante, “L’Agnese va a morire”. Ma non fu la sola, come grande rappresentanza della condizione che si respirava tra le file partigiane vi sono, primi fra tutti, altri due libri: “Donne della Resistenza” e “Matrimonio in brigata”.
Il primo, pubblicato nel 1955, è il ritratto avvincente e affettuoso di ventotto antifasciste bolognesi cadute.
Il secondo, pubblicato lo stesso anno in cui l’autrice venne a mancare, è una raccolta di racconti sulla vita partigiana.
Ma la vita partigiana fu affiancata anche per il grande interesse rivolto alle donne del popolo, quel popolo che non le aveva dato i natali ma che l’aveva accolta nei momenti più bui. Fu così che pubblicò “Mondine”, per le donne del popolo, e “Una storie di ragazze”, racconti di ragazze provenienti da vari ceti sociali ma accomunate dalla sopraffazione maschile.
L’Agnese va a morire
“Intanto l’Agnese arrivò dove l’argine era rotto: la dinamite tedesca vi aveva aperto un varco, ma il taglio non era riuscito, ne risultava un tratto di terreno infiltrato, uno stagno di melma, due dita d’acqua sporca e ferma sulla terra sconvolta dall’esplosione. L’Agnese si levò le ciabatte e le calze, affondò nelle pozzanghere i piedi che ne rimasero coperti di fango, duri da muovere. Ma lei sapeva che dopo pochi metri di terra fradicia c’era un altro isolotto di canne, e in mezzo alle canne la barca di Clinto”.
Il romanzo è ambientato negli otto mesi che hanno preceduto la liberazione in Italia. Agnese è una lavandaia, non più giovanissima, che perse il marito, per mano dei nazisti. Agnese non si era mai interessata di politica in vita sua, ma, dopo la morte di Palita, il marito, decise di unirsi ai partigiani.
Furono riscontrate diverse note autobiografiche, non a caso, proprio in quegli anni, Renata e il marito militavano nelle file partigiane.
Renata Viganò ricevette il Premio Viareggio nel 1949 e il romanzo divenne, successivamente, un film, uscito nel 1976, ma lei non riuscì mai a vederlo.
“Il personaggio dell’Agnese non è uno solo. L’Agnese è la sintesi, la rappresentazione di tutte le donne che sono partite da una loro semplice chiusa vita di lavoro duro, per trovarsi nella folla che ha costruito la strada della libertà”.