Nasrin Sotoudeh: avvocata dei diritti umani condannata in Iran

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Nasrin Sotoudeh

Essere un avvocata dei diritti umani e civili in Iran non è semplice, soprattutto perché sei donna. Nonostante le donne siano riuscite negli anni a ottenere qualche diritto in più, un piccolo moto di rivalsa, in fondo la situazione è ancora critica e sconcertante. Ne abbiamo avuto l’ennesima prova con la recente storia di Nasrin Sotoudeh, avvocata e attivista iraniana militante per i diritti umani.

È ormai di uso comune vedere donne, soprattutto giovani e giovanissime, in particolar modo nella più occidentalizzata capitale Teheran, con indosso solamente un piccolo hijab (il velo), che lascia scoperto qualche ciuffo di capelli, un filo di trucco e, magari, moderni capi di abbigliamento, come un paio di jeans. Eppure ancora oggi, a ventunesimo secolo inoltrato, accadono cose che ci lasciano esterrefatti.

Eventi, pregiudizi, sentenze, che lasciano attonito il mondo intero e che costringono ancora le donne iraniane a vivere nel terrore e nell’ombra, sempre sull’orlo dell’oblio.

Nasrin Sotoudeh

Nasrin Sotoudeh

Sotoudeh con il marito e la figlia

Nasrin Sotoudeh ha avuto il coraggio di dire basta, di emanciparsi. In un contesto dove la donna, nella maggior parte dei casi sta a casa e spesso non ha diritto nemmeno a uscire senza essere accompagnata da un uomo, Nasrin è diventata avvocata e ha iniziato la sua lotta per i diritti umani.

Sotoudeh è la più famosa avvocata del suo paese, vincitrice del premio Sakharov del Parlamento Europeo nel 2012 e stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace.

Nel 2010 era stata arrestata per cospirazione ai danni dello stato e aveva scontato la sua pena. Nel Settembre del 2016, un processo irregolare l’aveva condannata a cinque anni di carcere. Lo scorso giugno Sotoudeh è stata, infine, arrestata con l’accusa di spionaggio, propaganda contro il sistema e insulto al leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei.

Questa serie di episodi che ci lasciano sbigottiti e increduli si è conclusa, infine, nel peggiore dei modi, con una sentenza definitiva indicibile e assurda.

Trentatre anni e 148 frustate

Nasrin Sotoudeh

Nasrin Sotoudeh e il marito Reza Khandan

L’ultima sentenza che ha condannato in via definitiva l’avvocata per i diritti umani Nasrin Sotoudeh è terminata con una condanna che è finita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Eppure a nulla è valsa l’indignazione del mondo intero, il Tribunale rivoluzionario di Teheran è stato implacabile nei suoi confronti.

L’accusa è di collusione contro la sicurezza nazionale, propaganda contro lo Stato, istigazione alla corruzione e alla prostituzione e apparizione pubblica senza hijab, per un totale di trentatre anni di carcere e 148 frustate.

L’accusa ha anche sostenuto diverse prove in aula, presieduta dal magistrato Ebrahim Raisi, che è un protetto del leader supremo Ali Khamenei. Le prove sarebbero essersi opposte all’obbligo del velo, aver effettuato visite in carcere senza velo, aver difeso donne che avevano protestato contro l’obbligo del velo, aver rilasciato interviste e aver depositato dei fiori nel luogo dove una donna aveva subito un brutale arresto.

Ad indignare sono senza dubbio le frustate, pene rudimentali che ancora avvengono in un mondo che non fa niente per fermare questa follia. Ma anche l’eccessiva e inverosimile pena detentiva, che, sommandosi con la condanna di Giugno, arriva a trentotto anni di carcere.

Le proteste contro l’hijab

Le donne iraniane cercano l’emancipazione manifestando pacificamente contro l’obbligo del velo. Tuttavia, soprattutto nel corso dell’ultimo anno, la repressione contro queste donne rivoluzionarie si è ulteriormente inasprita.

Le stesse donne con l’avvento dei social e con la globalizzazione hanno potuto finalmente far sapere al mondo cosa accade in Iran, filmando gli arresti. C’è la cosiddetta polizia morale, che dovrebbe far rispettare l’obbligo di hijab e reprimere la ribellione delle donne. Queste vengono fermate a caso per strada, schiaffeggiate, picchiate con i manganelli, insultate, minacciate, struccate a forza e obbligate a ricoprirsi i capelli immediatamente e spesso, ingiustamente arrestate.

“Il sistema giudiziario approva sentenze di durezza sorprendenti contro queste donne, ma non penso che potrà mai fermare così le proteste contro l’hijab obbligatorio: continueranno. L’unico modo per affrontarle è prestare attenzione” – Nasrin Sotoudeh.

Nessuno farà niente in Iran per Nasrin e Reza Khandan, marito di Sotoudeh, che rivolgendosi all’Europa chiede aiuto: “senza pressioni internazionali il regime non rilascerà Sotoudeh”. Un grido di aiuto affinché il mondo non rimanga in silenzio a guardare.

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