Leda Bellini la mia vita tra make up e fotografia
Leda Bellini è la classica Donna che si è fatta da sola. Tanti sogni, tanti sacrifici per realizzarli e una passione trasformata in lavoro.
Fotografa di professione, Leda Bellini si destreggia benissimo tra lavoro, famiglia, volontariato e amicizia.
Insomma una Donna straordinaria che sono felice abbia accettato di farsi intervistare per La Frack Magazine!
Chi è Leda?
Avete presente la persona più incasinata del mondo? Ecco, quella sono io una terribile disordinata che vive le sue giornate cercando di star dietro ai mille pensieri che mi ronzano in testa. È difficile mettere nero su bianco chi sono, anche perché fino a ieri ero forse, diversa.
Il lockdown mi ha fatto riflettere, dopo chiarissimi segnali dal mio corpo ho finalmente capito che avrei dovuto iniziare a pensare anche a me stessa… Prima non esistevano che gli altri per me.
Sono una donna altamente sensibile, estremamente insicura e follemente innamorata dei miei bambini Lorenzo e Riccardo, del mio lavoro di Fotografa di Famiglia e del mio santo marito Gianluca che da quasi 20anni è al mio fianco a sopportare le mie paranoie ed i miei sbalzi d’umore.
Amo poter aiutare gli altri e sono estremamente sincera, il che potrebbe essere un pregio, ma ho appurato che molte persone preferiscono la falsità e sentirsi dare ragione. Per questo essermi amica è molto difficile; do tutta me stessa, ma ora ho imparato a pretendere anziché accontentarmi. Voglio attorno a me solo persone che sanno essere sincere, nel bene e soprattutto nel male. Persone che abbiano voglia anche di ascoltare oltre che essere ascoltate. Sì, la sincerità è fondamentale per me. Non so se questo dipenda dal fatto che io sia toro, qualcuno mi ha detto così, io non sono molto pratica di oroscopo.
Da dove nasce la tua passione per la fotografia?
Da mio padre. Lui è fotografo e fin da piccola ho avuto la mia macchina fotografica, mai all’ultimo grido (tutt’ora è così) ma sempre con me dalle prime gita di scuola. Ed ogni rientro erano cazziatoni se avevo sprecato scatti, altro che era digitale.
Ricordo bene, e lo ricorda anche lui, una sera ha iniziato a parlarmi di grandi fotografi, avevo credo 9 anni. Mio padre quando inizia a parlare può dilungarsi per ore, in famiglia lo sappiamo bene. Se facciamo una domanda, mettiamoci a sedere perché la cosa non sarà breve.
Comunque quella sera mi parlò fino a mezzanotte di grandi fotografi, con tanto di libro alla mano. Tra uno sbadiglio e l’altro (ora capisco da dove venga la mia capacità di ascoltare gli altri) qualcosa avevo assimilato. Il giorno dopo ho scattato tutto il rullino bianconero che avevo nella mia macchina, nature morte, nudi dei miei fratelli… avevo provato a mettere in pratica ciò che mi aveva raccontato. Lui lo scoprì, con grande stupore, qualche giorno dopo che sviluppammo quella pellicola.
I giorni della Sartiglia, giorni super stancanti per lui, mentre gli altri bambini andavano alle feste in maschera subito dopo la giostra o a tirar coriandoli in piazza, io passavo le sere in studio a sviluppare e stampare decine e decine di rullini per poi preparare i provini sui cartelloni da far vedere ai clienti. Alle scuole medie ho iniziato a passare le estati in studio, prima sempre nel retro a stampare, sognando di poter finalmente servire al banco. Dopo molti anni, con l’arrivo del digitale, non stampavamo più in studio e quindi fui promossa a commessa. E poi, dopo altri anni, ho iniziato a scattare le foto tessere.
Nel frattempo ero diventata moglie e mamma. Per un po’ di tempo feci tre/quattro lavori: assistente di scuolabus, in studio la mattina, pulizie nelle abitazioni e accompagnavo una signora anziana a fare le visite o la spesa. Ero stanca ed ero diventata più pratica.
Più crescevo però, più pensavo che quello non sarebbe stato il mio lavoro, la mia insicurezza mi aveva portato a credere che non avrei potuto reggere il confronto con lui, che non sarei mai stata all’altezza del nome che lui negli anni aveva creato. Preferivo tenere la fotografia come passione, ed iniziava anche ad infastidirmi dover rendere conto di ogni foto che scattassi. Ero cresciuta.
Fino a quando, per lavoro di mio marito, abbiamo dovuto cambiare città e ho dovuto abbandonare il mio lavoro principale che amavo di assistente scuolabus di bambini della scuola dell’infanzia.
È stato difficile farti strada nella tua professione?
Partiamo dal presupposto che io non mi sento arrivata da nessuna parte ancora.
Comunque Ni.
Quando sono arrivata a Quartu Sant’Elena stava per nascere il mio secondo bimbo. Ho iniziato ad inviare curriculum e a sostenere qualche colloquio subito dopo la sua nascita, ma sembrava proprio non esserci posto per me.
Per una persona che ha provato l’indipendenza ed il poter contribuire alle spese familiari è davvero difficile trovarsi senza lavoro. Umiliante quasi.
Un giorno, seguendo il cuore come faccio praticamente sempre, mi son fermata a pensare: cosa mi piace fare?
Le mie più grandi passioni erano il make-up e la fotografia. Già mi occupavo di make-up attraverso un’associazione di volontariato, ma la fotografia l’avevo quasi repressa per un periodo. Non ho avuto dubbi, anche perché ero lontana da quello che fino ad allora mi aveva bloccata, il confronto con mio padre.
L’inizio non è stato semplice perché ero in una città dove non conoscevo quasi nessuno e non avevo un soldo per investire né in una buona macchina fotografica, né in un computer decente, né in nient’altro.
Avevo anche dovuto dare la mia auto, quindi indipendenza zero. Avevo un bambino che iniziava la prima elementare, una piccola cozza di pochi mesi e un marito che era sempre stato la mia salvezza che si era reso conto di aver preso una decisione sbagliata a portarci lì e non passava proprio un bel momento.
È stato un periodo difficile.
La notte, tra una poppata e l’altra, ho ripreso a studiare fotografia, soprattutto di bambini e gravidanza. Sono partita con un sogno, che ancora non ho realizzato, ma che sono certa arriverà, fotografare il miracolo della vita che nasce.
Comunque, mio padre mi regalò la prima reflex digitale, 150€, avevo un 35mm ed iniziai con quello, ma presto comprai il 50mm che fu quello che veramente mi consentì di iniziare.
Iniziare in un mercato come quello di Cagliari non era semplice, soprattutto per una figlia di fotografo che da subito mi ha vietato di svendere il mio lavoro.
Fortunatamente il fato ha voluto che Oristano richiamasse la nostra Famiglia. Qui conoscevo più persone e son riuscita a fare qualcosa di più concreto, anche se l’inizio non è stato semplice.
Ancora qui non esistevano Fotografi di Famiglia specializzati quindi questo è andato a mio favore. Ora dopo un paio d’anni ovviamente è arrivata anche la concorrenza, ma io amo talmente tanto quello che faccio che questo mi sprona a cercare di migliorarmi sempre.
Fai parte dell’Associazione Makeup Smile Onlus, ci racconti di più?
Come vi ho detto l’altra mia passione è il make-up.
Nel 2014 andai a Sestu per un colloquio con le fondatrici di Makeup Smile. Quel giorno entrai a far parte di una grande Famiglia.
Cosa facciamo noi di Makeup Smile? Regaliamo sorrisi a chi, per un motivo o per l’altro, li ha persi
L’associazione è nata quando la Presidente si è resa conto di poter far sorridere la sua amica che affrontava il cancro, con un semplice make-up. Federica, che oggi non c’è più, è la musa di Makeup Smile.
Inizialmente quindi l’Associazione è nata per regalare sorrisi alle malate oncologiche, ma ahimè, subito ci siamo trovate davanti ad una burocrazia ed un mondo nel quale a volte primeggiare è più importante che aiutare.
È bruttissimo da dire, ma è così. Noi, che eravamo diventate un piccolo gruppo, ma molto affiatato e desideroso di vedere tanti nuovi sorrisi, abbiamo deciso di estendere l’assistenza di Makeup Smile, non più solo a pazienti oncologiche, ma a tutte le patologie. Questa è oggi la cosa che ci rende uniche, non facciano più alcuna distinzione tra patologie, chiunque merita una coccola e noi siamo pronte a darla. Grazie alla collaborazione con un’altra associazione siamo arrivate al reparto di psichiatria e li abbiamo avuto le giornate più intense per tutte noi.
Purtroppo la pandemia ha messo in pausa tutto il nostro entusiasmo, ma siamo pronte a ricominciare il prima possibile, tutte noi ne sentiamo una terribile mancanza.
Se vi piace la nostra idea potete supportarci diventando soci sostenitori o soci volontari, potrete farci tutte le domande che volete direttamente dal nostro sito.