Intervista a Cristina Muntoni, una Donna per le Donne

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Cristina Muntoni

Heminas, la rete nata su Facebook dalle Donne per le Donne, ha permesso a chi come me vuole essere utile in qualche modo nella società, di creare una vera e propria opportunità di conoscenza di Donne davvero straordinarie.

Una di queste è sicuramente Cristina Muntoni, Donna dotata di una spiccata sensibilità e di una grande voglia di conoscere e far conoscere la Donna in tutte le sue mille possibilità.

Un grande regalo averla incontrata anche di persona e un vero onore poterla intervistare per il mio Magazine oggi.

Cristina Muntoni: mamma, avvocata, scrittrice, studiosa della Storia della Sacralità Femminile, Ambasciatrice per la destinazione del Principato di Monaco, come concili tutte queste “Cristina”?

Nel modo più fluido e naturale possibile perché non ci sono tante Cristina come frammenti separati che devono conciliarsi, io sono pienamente tutte queste cose insieme così come tante altre, ognuna di queste fa parte di me e sono tutte manifestazioni autentiche e naturali del mio essere.

La mia difficoltà è stata sempre piuttosto nel far accettare agli altri e alle altre che queste diverse manifestazioni del mio essere fossero conciliabili e che io non fossi solo una di queste. Alle persone di solito sembra troppo strano e inaccettabile che si possano vivere molte professionalità e molte sfaccettature della propria esistenza.

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni Foto di Fabio Costantino Macis

È più rassicurante avere davanti una persona monocromatica. Svelare tante sfumature di colore, essere troppe cose, essere – in una parola – “troppo”, forse destabilizza. Anni fa ne parlò Emilie Wapnick in un TED Talk chiamandola “multipotenzialità” e ironizzando proprio su come per le persone sia così difficile da accettare. Per me quel TED è stato liberatorio.

Avevo vissuto per anni a compartimenti stagni: nell’ambito della professione forense non sapevano che scrivessi di cultura per i giornali, nei giornali non sapevano che facessi l’avvocata, in entrambe gli ambiti, non sapevano che fossi madre, ecc. Se le persone sanno che fai troppe cose, ti guardano storto, non viene accettato perché le persone ragionano secondo i propri parametri (“se io non so farlo, non è possibile che lo faccia”) e ci sarà sempre qualcun* che allude al fatto che, quindi, qualcosa tra quelle la fai male o che lo considera non coerente.

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni alla sede di Roma del Parlamento Europeo

Di solito per una donna l’accusa è quella di non fare bene la madre o di trascurare parti che appartengono alla sfera del femminile secondo gli stereotipi se hai troppe altre cose di cui occuparti. E, ahinoi, spesso sono soprattutto le donne a fare queste allusioni.

Per questo motivo tendevo a nascondere parte delle cose che facevo in base al contesto, ad esempio compilando tanti curricula in base al settore in cui mi trovavo a propormi e togliere in ciascuno parti di vita. Poi è arrivata Emilie Wapnick e mi ha liberata dall’assurdo senso di colpa di essere tante cose. Anche se in effetti continuo ancora a togliere il titolo di avvocata quando firmo in base al contesto per non destabilizzare e deconcentrare rispetto a ciò che faccio che ora è più diretto verso la divulgazione culturale.

Non esercito più da qualche anno, ma il titolo acquisito si mantiene per sempre. Ma i titoli possono diventare gabbie ideologiche dove le persone vogliono che tu rimanga intrappolata. Il messaggio è “stai al tuo posto” anche se il tuo posto non ha confini se non quelli segnati dal tuo talento e il tuo piacere.

Hai esercitato per 15 anni la professione forense. C’è qualcosa che ti manca di quel periodo?

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni

No. Se mi fosse mancato qualcosa, avrei continuato a farlo e se mai mi mancasse, potrei riprendere in qualunque momento. Molte persone restano sbalordite da questo cambiamento perché proiettano le proprie paure a lasciare le sicurezze e i terreni tracciati per la strada più impervia verso la realizzazione del proprio essere e mi chiedono “Sei pazza? Non ti sei pentita?”.

La vera follia è vivere una vita secondo quelli che sono i desideri e le aspettative degli altri. Ho dimostrato tutto quello che dovevo dimostrare e soddisfatto tutte le aspettative. Fare l’avvocata apparteneva a quel mondo in cui collezionavo medaglie. Quello che davvero mi sarebbe mancata è la realizzazione della mia vera essenza e la gioia profonda che provo adesso ad avere la piena consapevolezza di quale sia la mia funzione nel mondo.

La calma e la posatezza sono tratti distintivi che chi ti incontra per la prima volta percepisce immediatamente, c’entra la tua forte spiritualità in queste tue caratteristiche?

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni

Jeanne de Salzmann, allieva del filosofo mistico Gurdjieff di cui sviluppò il movimento delle danze sacre, disse che l’ordine nasce dalla comprensione del disordine.

Anche da piccola mi rimandavano sempre questa immagine di posatezza pure quando dentro, in realtà, magari avevo un tumulto.

Quindi davo quella percezione anche prima di fare meditazione e di occuparmi di sacralità, se è questo che mi stai chiedendo. In realtà, credo che la mia sia quella che Carlos Castaneda chiama “follia controllata”

La Spiritualità, ma anche lo studio del ruolo della donna nella storia sono ormai parte integrante della tua vita. Da cosa nasce questa tua sete di sapere e soprattutto di raccontare la Sacralità Femminile?

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni

Quando avevo circa 9 anni sono stata con la scuola al pozzo sacro di Santa Cristina dove ho un ricordo nitido di quanto mi avesse colpito la sacralità del posto e il desiderio fortissimo di conoscere anche oltre l’apparenza e il racconto delle guide.

Per gioco avevo organizzato una squadra di investigazione con le mie compagne e i miei compagni. Avevo preso la cosa molto seriamente e mi appassionava al punto che avevo continuato ad occuparmene per mesi. Quindi direi che questi interessi hanno sempre fatto parte di me.

Adesso mi fa sorridere pensare a quelle ricerche a 9 anni col quadernetto in mano e i miei compagni che mi seguivano in quella spedizione, ma, se ci penso, è come se nella vita abbia fatto tanti viaggi interiori e professionali per poi ritornare esattamente a quello che ero a 9 anni lì al pozzo sacro.

Mentre qualche anno fa scrivevo per i due volumi di Sardegna al Femminile (pubblicati da L’Unione Sarda e La Donna Sarda), ho poi avuto una folgorazione che mi ha fatto capire quanto fare ricerca e scriverne di quella branca del sapere che ho chiamato storia della sacralità femminile fosse la mia funzione nel mondo.

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni

Raccontarla, come sto facendo nei seminari esperienziali in giro per l’Italia e col saggio che sto scrivendo, non è fine a se stesso e alla semplice conoscenza. Sono profondamente convinta che conoscere questa versione della storia dell’umanità serva a coglierne gli strumenti pratici per vivere bene il presente e costruire il nostro futuro in armonia.

E questo vale sia sul piano individuale che sociale. Quando accogli con coraggio la tua vocazione, entri in un flusso potentissimo che realizza la tua funzione anche oltre i tuoi stessi desideri. L’anno prossimo ad esempio porterò la mostra sulle Dee madri sarde col Comitato Scientifico di Donna o Dea al Museo di Antropologia Preistorica del Principato di Monaco.

Quando queste cose avvengono, ti accorgi che essere dentro la propria vocazione in modo autentico ti porta fuori dalla dimensione individuale per viaggiare su un piano più alto, su una funzione sociale in cui tu diventi un semplice strumento di un disegno più ampio.

Di fronte a questo, forse non ha più importanza scoprire da cosa nasca tutto ciò. La nostra vocazione nasce con noi stessi. A volte ci vuole una vita intera per scoprirla, ma è qualcosa che già c’era perché fa parte di noi. La scoperta è quell’attimo in cui, all’improvviso, ti succede quello che a volte descrivono come la percezione che tutti i momenti del nostro percorso di vita, anche apparentemente insignificanti, si uniscono tutti assieme e ne percepisci finalmente il senso.

Questo per me è avvenuto due anni fa con una scoperta clamorosa che racconterò nel saggio che sto finendo di scrivere.

Sei co-fondatrice della rete Heminas e questo ti porta sicuramente ad essere in prima linea nella difesa dei diritti delle donne. Nel periodo storico che stiamo vivendo, nonostante le tante conquiste fatte da noi donne in materia di diritti senti anche tu una sorta di minaccia alla nostra libertà?

Sento che sia piuttosto l’incancrenito e anacronistico sistema patriarcale a sentirsi minacciato. Tutte le azioni sociali, politiche e legislative che vanno in opposizione rispetto alla libertà delle donne mi sembrano solo un patetico tentativo di sostenere un sistema che oramai va sgretolandosi in maniera incontrovertibile.

Cristina Muntoni

Cristina Muntoni foto di Stefano Vascotto

Un tempo provavo rabbia verso questi tentativi di fare passi indietro verso le conquiste della parità dei diritti, poi la mia amica e docente di psicologia sociale all’Università di Cagliari Cristina Cabras mi ha illuminata facendomeli vedere per quello che sono: la conferma che la rivoluzione culturale è inarrestabile e questi tentativi di difendere il vecchio sistema sono la prova di quanto forte e reale sia la minaccia che sentono verso qualcosa che è destinato inevitabilmente a morire.

Questa visione mi ha dato pace, anche se non significa certo che bisogna abbassare la guardia. Se vogliamo vivere in un mondo migliore è necessario difendere l’armonia tra maschile e femminile senza che esistano prevaricazioni di un sesso su un altro.

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