Dafne, un film per conoscere la sindrome di Down
Dafne, nella mitologia greca, era una ninfa dalla forza di volontà tanto grande da permetterle di sfuggire alle attenzioni indesiderate del dio Apollo.
E Dafne, dalla forza di volontà altrettanto smisurata, è la protagonista dell’omonimo film di Federico Bondi.
La pellicola è uscita nelle sale il 21 Marzo, in occasione della Giornata Mondiale delle Persone con la Sindrome di Down. La stessa di cui soffre Dafne, che tuttavia non si lascia mai limitare dalla sua malattia o dai cliché che la società le imporrebbe.
Carolina Raspanti, l’attrice che la interpreta, porta sul grande schermo un personaggio di donna autentica, vera, coraggiosa e che non ha paura di soffrire.
Dafne, una figlia e un padre segnati dal lutto
Il filone in cui si inserisce il film è quello della drama comedy, ossia commedia drammatica. E il dramma si presenta da subito nella vita di Dafne, la solare e vivacissima protagonista.
Lo spettatore superficiale potrebbe pensare che vivere con la sindrome di Down sia già un dramma di per sé, ma Dafne scardina subito questa chiave di lettura. La donna, trentacinque anni, conduce un’esistenza felice, accompagnata da una grinta straordinaria.
Ha un lavoro che la fa sentire soddisfatta e in cui si impegna a dare il massimo. È circondata da amici e vive insieme agli affetti più cari; il padre Luigi e la madre Maria.
Il dramma farà la comparsa nelle loro vite solo quando a Maria viene diagnosticato un male che la porta in breve tempo alla morte. Lasciando così Luigi e Dafne a fare i conti con il lutto, che li ha segnati in modo inequivocabile.
Dafne rivendica tutto il suo diritto a soffrire per la perdita della madre quando scaglia i calmanti contro un’infermeria; “Le prenda lei queste pastiglie per non piangere! Io voglio piangere!”
Dafne e la metafora del viaggio come cammino di guarigione
Per affrontare una vita forzatamente diversa dopo la scomparsa di mamma Maria, Dafne ha così l’idea di intraprendere un viaggio insieme al padre.
Quello del viaggio è uno dei topoi narrativi più diffusi nelle storie di crescita personale. Nella pellicola di Federico Bondi, il viaggio assume un significato di cammino di guarigione.
La protagonista e il padre si allontanano da una quotidianità in cui l’assenza di Maria è diventata insopportabile. Ma la loro destinazione, il paesino di montagna da cui proveniva la donna, è anche un “ritorno alle origini”, un modo per ricordare il passato senza lasciare che questo soffochi il presente.
La depressione di Luigi è affrontata da Dafne con tutto il coraggio e la determinazione di una giovane donna che non vuole, non può cedere, neppure di fronte all’inevitabilità della morte.
E il viaggio che i due affrontano, sullo sfondo maestoso di paesaggi montani dalla bellezza incommensurabile, contribuisce ad avvicinarli. Rinvigorendo un affetto, rinsaldando le convinzioni che nella vita si danno per scontate. E donando, a entrambi i protagonisti, la forza di affrontare qualsiasi avversità.
Carolina Raspanti, volto esordiente del cinema italiano
A interpretare questa giovane donna che si batte in nome di tutto ciò che ama è un’esordiente, Carolina Raspanti. La giovane attrice, nata nel 1984 a Lugo di Romagna, ha illuminato il set con la sua prorompente vitalità.
È lo stesso regista a raccontarlo in un’intervista; “Carolina vive la sua condizione con tutta la serenità di una persona matura. Lei non ‘subisce’ la sua diversità ma la considera parte di sé stessa. E ci ricorda che l’unico modo per accettare veramente chi siamo è vivere la vita con pienezza.”
Una caratteristica che accompagna sia il personaggio di Dafne che la sua interprete. Carolina Raspanti è infatti approdata al cinema solo con questo film. Ma in precedenza si era già fatta conoscere come scrittrice.
Tra i suoi libri ricordiamo “Questa è la mia vita” e “Incontrarsi e conoscersi; il mondo di Carolina”, due volumi in cui la giovane autrice mette a nudo un’esistenza che non è affatto sminuita dalla malattia. Ma, casomai, ne fa un valore aggiunto.
La sua interpretazione in Dafne le è valsa il premio Fipresci alla Berlinale. “Da quando è uscito il film”, ha raccontato in un’intervista, “al supermercato di Lugo, dove lavoro, tutti mi riconoscono. Dicono ‘è arrivata la star, la diva’. Ma io sono solo Carolina, senza fronzoli.” E racconta con divertito stupore come è nato il film. “Un giorno mi è arrivata su Facebook una richiesta di amicizia dal regista. Io ho accettato, e abbiamo cominciato a scriverci. Poi è nata l’idea del film e oggi Federico per me è come un fratellone, sono molto legata a lui.”