Regionali Sardegna, Conosciamo Margherita Zurru
Una Campagna elettorale, quella Sarda, che vede in campo ben 700 candidate per la carica di consigliere Regionale.
Cosa spinge queste Donne a voler fare politica, a volersi mettere al servizio del prossimo?
Ce lo stanno raccontando nelle varie interviste che hanno deciso di concedere a La Frack Magazine.
Leggiamo ciò che ci racconta Margherita Zurru, avvocata nuorese e mamma di una giovane donna.
Chi è Margherita Zurru?
M: Sono una donna nuorese, ho 42 anni, vivo con mia figlia 14enne Micol e con Giulietta detta Mussi, la nostra gatta. Ho studiato giurisprudenza a Cagliari, poi ho svolto la pratica forense presso un grosso studio romano specializzato in diritto amministrativo.
Quando sono diventata avvocata ho aperto uno studio legale mio, e per lavoro da allora, mi barcameno fra Roma e la Sardegna.
Sono stata consulente giuridica del Gruppo Misto del Senato e presso la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul disastro Moby Prince.
Porto avanti il mio impegno da attivista presso associazioni a tutela dei diritti civili e ferma sostenitrice della laicità dello stato, dei valori di solidarietà sociale e dell’accoglienza.
Sono femminista. Amo Kant, Pennac e De André. Odio gli indifferenti.
Perché hai scelto di candidarti?
M: Sono cresciuta respirando passione politica e femminismo.
Mio padre raccontava sempre di mia nonna poco più che adolescente portata in caserma dai fascisti perché in segno di ribellione aveva osato ricamare, sulla propria camicetta, un fiore rosso.
Poche settimane fa mia cugina ha ritrovato una foto in bianco e nero dei primi anni 60 in cui mia zia Anna appena ragazza, sfilava per le vie di Nuoro con il costume maschile e la pipa in bocca.
La mela non cade mai troppo lontana dall’albero!
Mi è stato insegnato che ribellarsi contro le ingiustizie è un dovere civile.
Per tanto tempo ho dato il mio contribuito dalla seconda fila: come avvocata ho firmato il ricorso per far dichiarare incostituzionale la legge elettorale sarda quando ancora non prevedeva la doppia preferenza di genere, sono stata fra le proponenti della proposta di legge di iniziativa popolare sull’introduzione del principio di insularità in Costituzione.
Il clima politico nazionale, l’evidente tentativo di svuotare i diritti delle donne (penso al Ddl Pillon ma anche alle dichiarazioni deliranti del ministro Fontana su famiglia tradizionale, aborto, omosessualità), le politiche discriminatorie nei confronti dei migranti e l’intolleranza dilagante mi hanno fatto decidere di fare un passo avanti e provare ad essere parte del cambiamento.
L’antidoto non può che essere la costruzione di reti fra forze politiche progressiste e società civile, lo sviluppo di comunità aperte, solidali.
Per questo ho accettato di candidarmi a sostegno di un progetto politico nel quale credo fortemente.
Campo Progressista Sardegna è il partito di Massimo Zedda, rappresenta la possibilità per la Sardegna di segnare un cambio di rotta, di dimostrare che è possibile realizzare lavoro e sviluppo sostenibile a partire dalle potenzialità e dalle peculiarità dei territori, senza dimenticare la solidarietà sociale.
A cosa daresti priorità nel caso venissi eletta?
M: All’interno del programma di coalizione, che condivido e sostengo, sono due i punti che rappresentano le mie personali priorità: la difesa dei diritti delle donne e la rinascita delle zone interne.
Punto di partenza della mia azione politica sarà un dato: le donne, che rappresentano il 50% circa della popolazione, vengono quotidianamente discriminate: avviene nel mondo del lavoro, nella società, in famiglia. In Sardegna – terra di matriarcato solo apparente – come altrove, il sistema sociale assolutamente predominante è il patriarcato, a discapito dei diritti delle donne.
Ogni istituzione – compresa quella regionale – deve impegnarsi nella battaglia per il superamento della subalternità femminile e per lo smantellamento di questo sistema sociale profondamente ingiusto, in favore del riconoscimento di una vera parità fra i generi.
Variegati sono gli ambiti di intervento di competenza regionale: lotta alla disoccupazione femminile, conciliazione tempi familiari-lavoro, istruzione e cultura paritaria, salute femminile, contrasto alla violenza e sostegno reale (con modalità di finanziamento in parte diverse da quelle attuali) dei centri antiviolenza.
Un’ultima cosa voglio dirla in merito al metodo: nell’affrontare questo tema è indispensabile saper ascoltare gli operatori del settore, lavorare in sintonia e riconoscere spazi di autonomia a chi si impegna nella lotta alla violenza contro le donne.
Secondo punto
Lo sviluppo economico, sociale e culturale delle aree interne deve partire dal contrasto fattivo allo spopolamento.
Lo ripeto spesso perché mi sembra un dato emblematico: dei miei 22 compagni di classe della 5° superiore soltanto 6 sono rimasti in Sardegna, gli altri, partiti per l’università o per lavorare, oggi sono sparsi per l’Europa.
Raramente per scelta, più spesso per necessità.
La priorità assoluta per il Nuorese è secondo me creare le condizioni perché ogni giovane sardo possa scegliere liberamente se cercar fortuna altrove o realizzarla qui.
E perché restare diventi una scelta è fondamentale che tutta la Sardegna – zone interne comprese – diventi una terra in cui sia possibile realizzarsi professionalmente.
Per creare lavoro occorre sconfiggere l’isolamento. Il primo passo è quindi connettere il centro della Sardegna con il resto dell’Isola, e il resto dell’Isola al Continente Europeo.
Immagino una rete ferroviaria efficiente che colleghi Nuoro a Olbia, Cagliari, Sassari, Oristano in tempi ragionevoli. E una vera continuità territoriale aerea ma anche marittima.
Immagino un ente regionale molto diverso da quello attuale: leggero, snello.
Che agevoli l’iniziativa imprenditoriale invece di soffocarla, che faccia sintesi delle istanze delle comunità locali, che ascolti i territori, rispettandone le necessità.
Che si faccia strumento per consentire ai singoli di esprimere professionalità e creatività e di sperimentare le infinite potenzialità della nostra Terra.